lunedì 2 marzo 2015

La Gazzosa - Bevanda ecologica degli anni ’60.

Metto qui l'appendice pubblicata nel mio Libro: 
LE STAGIONI DELLA LATTAIA. 
S'intitola LA GAZZOSA - Bevanda ecologica degli anni 60.




   
Ricordo che da bambini, nei primi anni ’60, al pranzo dei giorni di festa, o nei rari banchetti nuziali ai quali ci capitava di partecipare - allora si tenevano quasi sempre a casa degli sposi; quasi mai al ristorante come usa oggi - mentre i grandi bevevano vino, noi piccoli avevamo diritto alla nostra abbondante e fresca razione di gazzosa.
Ricordo pure come molte passeggiate fatte d’estate, in compagnia dei nonni o degli zii adulti, finivano con noi seduti a cavalcioni sul muretto, i piedi penzoloni, esausti ma soddisfatti; o all’ombra di un pergolato - come nelle più torride gite in Sicilia - a gustarci, in piena tranquillità, una bottiglietta ghiacciata di quella soave, frizzante bevanda, con leggero aroma di cedro.
Dubito molto che ancora oggi esista qualcuno disposto a produrre, imbottigliare e distribuire quella modesta bibita effervescente che bevuta d’un fiato ti toglieva il respiro.
Dubito molto che ancora oggi esista qualche buontempone disposto a venderla per le poche lire che allora ci chiedeva il nostro vecchio amico barista, grasso e  baffuto. Tu gliela chiedevi, lui la pescava dal bidone pieno di acqua e ghiaccio, tuffandoci dentro quasi tutto il braccio. Subito ti tendeva l’altra mano asciutta, aperta e avida. Ti cedeva la bottiglietta solo dopo che glie l'avevi regolarmente pagata.
Oggi siamo tutti condannati, inesorabilmente, alla modernità! E, si sa, la modernità  non sempre è vero progresso.
Di sicuro siamo tutti bersagli viventi. Vittime indifese. Sotto un bombardamento incessante di bevande colorate. E se ne vedono davvero di tutti i colori! Ne ho viste alcune di un terrificante celeste.
E ne vedo tuttora moltissime vendute in lattine colorate, o in bottiglie di plastica col tappo di plastica.
E il sapore? Vi chiederete! Anche quello di …plastica! Con lo zucchero o senza. Allora dentro c’è l’aspartame. O qualche altro stucchevole ritrovato di sintesi che possa renderle dolci - o, perlomeno gradevoli.
Se provi a leggere gli ingredienti, poi, ci trovi tante strane “E” con tanti numeri appresso. C’è di che preoccuparsi.
Costano molto, per quello che offrono e, forse, ti avvelenano pure - lentamente.
La nostra vecchia, meravigliosa Gazzosa non aveva niente a che fare con tutto questo. Anche a volerla indicare come il capostipite di tutte le bibite moderne, nulla può accomunare due modi tanto diversi di bere. Due interpretazioni così diseguali di rimedio alla sete. Oserei dire due filosofie di vita tanto difformi.
La nostra vecchia, meravigliosa Gazzosa era servita nella sua inconfondibile bottiglietta di vetro trasparente - oggi si direbbe “vintage”. Con le poche, semplici indicazioni, del produttore e degli ingredienti, scritte in rilievo sul vetro. Chiusa tassativamente col suo caratteristico tappo di ceramica bianca. Tenuto bloccato da una semplice ma geniale molletta di ferro. Guarnito con l’anello di gomma arancione - per non farla sfumare. Che te ne facevi di una Gazzosa senza bollicine? Avresti perduto tutto lo sfizio di berla.
La nostra amata Gazzosa appariva cristallina e incolore, quasi scialba alla vista, ma con un sottile, singolare gusto - miracoloso, per come semplicemente era fatta. Acqua minerale, zucchero, aromi di cedro o di altri agrumi. E solo una piccola aggiunta di anidride carbonica - a renderla piacevolmente frizzante.
Qualcuno tra noi - ma era raro - la trovava troppo mossa e vivace. Allora prendeva a sbattere maldestramente la bottiglietta, tenendola tappata col suo piccolo pollice. Quindi, mollando un po’ la presa, tentava disperatamente di farla sfumare - se non gli era prima caduta quasi tutta per terra.
L’unico effetto che poteva ottenere era di perderne mezza - con un grosso sbuffo impertinente. Anche agitato ben bene, o sbatacchiato energicamente, quel liquido continuava a frizzare - impassibile.
Era come se l’anidride carbonica, contenuta nella bottiglia, si rigenerasse in continuazione per cause soprannaturali - magicamente.
Se volevi, potevi solo attenuarne di poco l’effetto gasato. L’unico sistema era stapparla e aspettare - perdendo tempo a osservarla mentre sfiatava lentamente, naturalmente. Con la cannuccia d’ordinanza - rigorosamente di paglia, beninteso, non di plastica come oggi - infilata nel collo della bottiglia, che si sollevava come per incantesimo.
Oppure dovevi versarla in un capace bicchiere di vetro e aspettare che si ossigenasse. Ma se pensavi di doverla snaturare così perché dovevi comprarla? Se pensavi di doverla snaturare così allora era meglio non prenderla proprio quella Gazzosa!
Meglio procurarsi altro da bere! O, no?
Se la gazzosa esistesse ancora, messa a confronto col milione di bibite che circolano oggi, di sicuro, sarebbe considerata la bevanda più naturale - dopo l’acqua.
Forse l’unica bibita veramente ecologica.
Ma se la gazzosa esistesse ancora, con un’abile campagna pubblicitaria, una di quelle, odiose e martellanti, studiate dai così detti “creativi” - quei fantasiosi signori che inventano le mode estive più perniciose - diventerebbe un nettare “chickissimo”, da vendere in tutti i locali alla moda.
E, dagli! foto sui giornali. Magari con la bottiglietta amorevolmente, e maliziosamente, ospitata tra le gambe o tra i seni di signorine mezze nude, sedute sulla sella di moto di grossa cilindrata con gli occhi a mandorla.
E questo indegno “can-can” ne appannerebbe inevitabilmente la genuinità dell’immagine. La renderebbe artefatta - quindi finta.
E il suo inconfondibile gusto prenderebbe di marcio.

Forse per questo motivo, in un mondo che sembra pericolosamente impegnato a distruggere quel poco che ancora ci resta di naturale e di schietto, qualcuno, tanti anni fa, di proposito, ha provocato la fine della nostra gazzosa.
Forse qualcuno ha, volutamente, accoppato la nostra Gazzosa.
La Gazzosa è morta!
Anzi, è stata ammazzata!
.…Per eutanasia.

         

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