venerdì 20 marzo 2015

Inizia la (per fortuna breve) stagione delle Passioni di Gesù Cristo.




Ingmar Bergman crede solo nella figura di Gesù Cristo, come uomo storico, non di Salvatore e in tutto quello che, prosaicamente, succede ad ogni uomo storico durante tutto il corso della sua vita. Ingmar Bergman era talmente incuriosito, così appassionato dalla figura di Gesù Cristo che aveva da tempo deciso di girare un film su di lui a Faro, la sua isola, ma era rammaricato dal fatto che diverse circostanze glielo avessero sempre impedito, e racconta il suo disappunto anche nella sua autobiografia. La buona occasione, ad ogni modo, sembrava, finalmente, essersi materializzata quando giunse a casa sua una folta delegazione di dirigenti della RAI-TV che gli si era rivolta per attribuirgli formalmente l'incarico di preparare la sceneggiatura per una Vita e Passione di Gesù Cristo. Pagarono anche anticipatamente il compenso per il suo lavoro: la bella somma di 30.000 dollari. Bergman si mise subito all'opera e forte dell'educazione religiosa forzosamente ricevuta dal padre, pastore protestante, e di una solida conoscenza biblica raggiunta attraverso approfondite ricerche e studi sulla figura storica del Cristo, fu in grado in pochi giorni di spiegare il suo personalissimo e originalissimo progetto. “Risposi con un piano dettagliato delle ultime quarantotto ore della vita del Salvatore. Ogni episodio era incentrato su uno dei personaggi del dramma... Dissi che volevo girare il film a Faro. Le mura di Visby sarebbero state quelle intorno a Gerusalemme. Il mare che bagna i raukar sarebbe diventato il lago di Genezareth. Sulla collina pietrosa di Langhammars volevo erigere la croce.”



Probabilmente il progetto del Maestro, per come era stato esposto, apparve troppo innovativo ed originale,  lontano da quello che si aspettavano di sentirsi raccontare; oppure la collocazione scenografica sembrò troppo avulsa e lontana dai luoghi caldi e rassicuranti della vita del Cristo.
“Gli italiani lessero, rifletterono e arretrarono impalliditi. Pagarono generosamente e affidarono l'incarico a Franco Zeffirelli: ne risultò una vita e morte di Gesù come in un bel libro illustrato, una vera e propria biblia pauperum.” In un colpo solo la RAI-TV ottenne diversi risultati, non tutti e non proprio lusinghieri, purtroppo. Innanzitutto buttò all'aria inutilmente un bel gruzzolo di soldi pubblici; con una  visione provinciale delle cose rimediò una bruttissima figura con uno dei cineasti più grandi di tutti i tempi; ottenne da un prevedibilissimo Zeffirelli la madre oleografica di tutte le Passioni di Cristo, che ancora si rappresentano, sotto Pasqua, nei borghi antichi di tutti i paesi d'Italia; rinunciò probabilmente a festeggiare l'ennesimo capolavoro a firma di Bergman. Un film che prometteva di essere qualitativamente alla pari, se non superiore, al Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, senza alcun dubbio la migliore trasposizione delle ultime ore di Gesù mai realizzata per il cinema. Insomma, grazie al fiuto e alla lungimiranza  dei dirigenti della RAI-TV, oggi la cultura mondiale celebra una biblia pauperum in più e un capolavoro in meno.

smr

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