giovedì 23 agosto 2012

dal mio saggio Il Genio di Uppsala.



Ingmar Bergman ha avuto, tra le innumerevoli altre, la indubbia capacità di contornarsi di attori e attrici straordinari. Senza di loro, cosa sarebbe stato il cinema e, soprattutto, cosa sarebbe stato il suo cinema? Ed avrebbe avuto la stessa straordinaria forza espressiva, la stessa straordinaria efficacia? Cosa sarebbe stato della sua arte se Bergman non avesse avuto sottomano e non avesse saputo trovare, istruire, plasmare e far crescere professionalmente e umanamente attori e attrici del calibro di Max von Sidow e Gunnar Bjornstrand; di Bibi Anderson e Liv Ulman; di Ingrid Thulin e Ulla Jacobson? Oppure, se non avesse potuto sfruttare per la rappresentazione delle sue complesse ed articolate sceneggiature interpreti che erano o che sono diventati, anche per merito dei suoi film, dei veri e propri mostri sacri del cinema mondiale? E mi riferisco, ovviamente, a Viktor Sjostrom, Erland Josephson, Nils Joffe, Ingrid Bergman, etc. 
Bergman stesso, parlando delle sue sceneggiature, dei suoi testi scritti per il cinema, confessa: “...quando l'attore, alla fine, s'impossessa delle sue parole e le trasforma  in espressioni sue proprie, lui stesso finisce per perdere il contatto con il significato originale delle battute. Gli artisti riescono a destare nuova vita in scene piene solo di chiacchiere”.     



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