lunedì 16 aprile 2012

Appunti sparsi dopo la visione del film: IL POSTO DELLE FRAGOLE.

Di tutti i film di Ingmar Bergman “Il Posto delle Fragole” è, certamente, quello che ha dato al regista svedese la definitiva fama planetaria; quello più famoso; quello che è rimasto più profondamente impresso nella memoria collettiva; quello più osannato dalla critica.
Il film è una meditazione, serena ma profonda, sulla vita e sulla morte.
La vita pesa, come pesa anche su di essa e sugli uomini l'idea, quotidianamente incombente, della morte.
Bergman, in qualche modo tenta e, in qualche modo ci riesce, di “rivoluzionare” l'idea convenzionale del mistero, insondabile e insolvibile, della vita e della morte, dimostrando sostanzialmente che vita e morte non sono così differenti, anzi, contrapposte, come invece si tende a credere.
Esse sono compenetrate, fatte quasi della stessa sostanza.
In pratica egli dimostra che non basta esistere per essere vivi.
Ci si può sentire morti pur essendo vivi.
(“Sono morto pur essendo vivo” dice Isaak Borg, il medico settantenne, protagonista).
Si può rinascere a nuova vita, in una parola: (ri)vivere, anche morendo.
Ma il film è anche una storia di conversione e di redenzione: alla fine del viaggio, alla fine del film, Isak Borg non è lo stesso uomo partito al mattino da Stoccolma.
L'uomo freddo e insensibile; egoista e solitario.
E' un uomo nuovo, diverso, che (ri)nasce ad una nuova vita .....morendo.
Ed è anche un film sulla nostalgia (nostos= ritorno – algos=dolore, dolore del ...ritorno) e sulla giovinezza.
Ed, infine, è un film sugli affetti come valore primario dell'esistenza.
Il tema della identificazione: Bergman in Isak Borg.
Tra tutti i film di Bergman, “Il posto delle fragole”, è il film nel quale, di più e meglio, si giunge, attraverso l'attenta analisi dei dialoghi, alla esatta identificazione del regista (che ne è anche sceneggiatore) coi suoi personaggi.
Bergman, che pare iniziare una vera e propria seduta psicoanalitica (“...film come sogni, film come musica. Nessun'arte passa la nostra coscienza come il cinema, che va diretto alle nostre sensazioni, fino nel profondo, nelle stanze scure della nostra anima”.) si identifica innazitutto col vecchio protagonista Isak Borg.
Il dottore si appresta a celebrare il giubileo della sua professione medica.
Giunto alla fine della sua carriera e, presumibilmente, della sua vita, affronta un viaggio in macchina, da Stoccolma a Lund, che è anche un “time travel”, un viaggio nei ricordi più accorati della sua vita; un viaggio di “redenzione” al termine del quale, accortosi di tutti i suoi limiti umani e dei suoi errori nei rapporti interpersonali, si sarà, serenamente, avvicinato di più alla morte, ma anche alla piena redenzione umana.
Si sarà riconciliato prima con se stesso, ammettendo i propri errori e poi con gli altri: la nuora Marianne e, soprattutto il figlio Evald, col quale non ha quasi mai potuto intrattenere un vero e fattuale rapporto dialogico.
Isak Borg inizia il viaggio col fardello del suo egoismo, della sua indifferenza, della sua incapacità di comprendere gli altri, a cominciare dal figlio Evald che lo rispetta, ma segretamente lo odia, come gli confida la nuora Marianne; per proseguire proprio con la nuora Marianne, con la quale quasi non parla; per proseguire, ancora, con la sua governante Agda, con la quale ha continui scontri verbali, continui battibecchi.
Il protagonista sembra avere rispetto solo per la madre, che non sembra, peraltro, amare profondamente: al punto che ci si chiede se il dottor Borg non sia del tutto incapace di provare qualsiasi sentimento positivo per il suo prossimo.
Solo alla fine del film, quindi del viaggio, vive un momento di intensa e delicata intimità, un momento di vera umanità e dolcezza, forse il primo della sua intera vita. Ma, probabilmente anche l'ultimo.
Si legge dalla sceneggiatura originale del film: ...Marianne si avvicinò a me. Aveva un buon profumo., e frusciava in modo dolce, femminile. Si Chinò su di me.
Poi il dialogo: breve, ma significativo e intenso.
- Isak: “Grazie per la tua compagnia, durante il viaggio”.
- Marianne: “Grazie a te”.
- Isak: “Ti voglio molto bene Marianne”.
- Marianne: “Anch'io ti voglio bene, papà Isak”.
Bergman in Anders e Viktor.
Ma, tra gli altri personaggi de “Il Posto delle Fragole”, Bergman si identifica anche con i due giovani studenti universitari: due giovani, dal punto di vista della formazione culturale, caratteriale e della personalità, antitetici, sempre contrapposti dialetticamente.
I due incarnano, evidentemente, le due diverse e contrapposte anime del maestro, eternamente divise tra il credere e il non-credere; sempre indecise, incapaci di prendere una decisione finale; avvolte dal dubbio del nulla dopo la morte, ma accarezzate dal fascino della fede.
Non era lo stesso Bergman che soleva ripetere: "Veramente io non credo in Dio, ma la faccenda non è così semplice, tutti portiamo un Dio dentro noi stessi, tutto forma una trama che ci pare a volte di riconoscere, soprattutto al momento della morte."?
Oppure, con un'espressione dal profondo sapore nichilista: .."sei nato senza scopo, vivi senza significato, la vita è significato a se stessa. Quando muori ti spegni. Dall'essere ti muterai in non-essere. Non è necessario che un Dio dimori tra i nostri atomi sempre più capricciosi."
Ma torniamo, per un momento, ai due giovani spasimanti di Sara.
Anders, studia teologia e crede in Dio; Viktor, studia medicina ed è ateo.
Illuminante il breve ma intenso dialogo dei due giovani nel corso del pranzo all'aperto, in compagnia di Isak e Sara. Denota la esatta equidistanza di bergman tra la fede e l'ateismo; tra il credere e il non-credere.
- Sara, rivolta a Isak Borg: “Anders diventerà pastore (il padre di Bergman era pastore luterano, ndr), e Viktor medico”.
- Viktor: ...”non posso capire come un uomo moderno possa fare il pastore. Anders non è un perfetto idiota”.
- Anders: “Lascia che ti dica che il tuo razionalismo è una incomprensibile insulsaggine. E neanche tu sei un idiota”.
- Viktor: “Secondo me, l'uomo moderno guarda in faccia la propria insignificanza, e crede in se stesso e sulla propria morte biologica. Tutto il resto è privo di senso”.
- Anders: “E secondo me l'uomo moderno esiste solo nella tua fantasia. Perchè l'uomo guarda alla propria morte con orrore, e non può rassegnarsi alla sua insignificanza”.
- Viktor: “La religione è come l'oppio per i malati”.

Bergman in Sara
Ma Bergman non disdegna di identificarsi anche nei suoi personaggi femminili, come ad es. Sara, che sembra parlare al suo posto, quando, con tono quasi irridente, chiede ai duellanti se sono approdati ad una decisione: “Allora (Dio) esiste, oppure no?

Il tema della seduzione.
Ne “Il Posto delle fragole” torna, anche se appena accennato, un tema ricorrente, caro al regista, e solo apparentemente minore: il tema della seduzione.
Tema trattato in maniera più approfondita in altre pellicole del regista.
Vedi ad es. “L'occhio del Diavolo” ispirato alla figura del Don Giovanni di Mozart.
(“La verginità di una giovane è come l'orzaiolo nell'occhio del diavolo”.)
Non è forse o, comunque, si comporta come tale, il cugino di Sara, Sigfried che insidia la virtù della cugina proprio nel ....posto delle fragole, mentre la fanciulla le raccoglie e le ripone in un cestino, allo scopo di regalarle alla zio Aronne, per l'occasione del suo compleanno?
Si legge nella sceneggiatura del film: ....Sigfrid si chinò sulla ragazza, e la baciò in modo piuttosto galante sul collo niveo. Sara si adirò non poco.
Si apprenderà nel corso della proiezione che Sara e Sigfrid si sono sposati, qualche anno dopo.Solo per inciso voglio quì ricordare che, en passant il tema della seduzione viene accennato da Bergman addirittura ne “Il settimo sigillo”: non è, infatti, un seduttore il vecchio attore Raval che insidia Lisa, la moglie del fabbro Plog, nel bosco dietro le quinte del rabberciato teatrino organizzato dalla scalcagnata compagnia di giro di Jof (interpretato da un grande Niels Poppe)?
Ed infine, non è forse un seduttore l'uomo col quale la moglie di Isak si accompagna nel bosco e finisce per possederla? (“E ora andrò a casa e racconterò tutto a Isak; so già cosa mi dirà: povera bambina, quanta pena mi fai. Come se fosse Dio in persona”.)



Eh! Cari amici bergmaniani, c'è ancora molto da scrivere su Ingmar Bergman e ancora molto da .....apprendere.

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